L’apporto della riforma Gelmini – aldilà delle presunte astuzie comunicative – è il tentativo per differenziare i finanziamenti agli atenei, usare la retorica del merito per dequalificare i saperi e costruire gerarchie nel mercato del lavoro, imporre una presunta logica dell’efficienza produttiva per innalzare le rette, rafforzare i numeri chiusi e introdurre i prestiti d’onore, ossia quel meccanismo del debito che sostanzia i processi di finanziamento del welfare.
Questo quadro sarebbe incompleto senza menzionare la questione di una crisi – “la” crisi – cominciata nel 2007 col crollo del sistema del debito e dei sub-prime degli Stati Uniti. Il taglio drastico dei fondi al sistema della formazione pubblica declina così una doppia congiuntura: il disfacimento del sistema della formazione in Italia amplificato dalla recessione economica globale.
L’Onda Anomala – nome e corpo collettivo – è destinata a qualificarsi come primo grande movimento – senz’altro in Italia, clamoroso tuttavia anche nel panorama internazionale – in grado di rovesciare la crisi in spazio di opportunità, in spazio di possibilità di conflitto, in spazio di costruzione di altra università. Ed ecco che – già dall’estate, poi in modo corposo a settembre e con l’inizio di ottobre del 2008 – la parola d’ordine irrompe nelle università – «noi la crisi non la paghiamo!» – ed immediatamente migliaia e decine di migliaia e centinaia di migliaia di studenti iniziano a prendere parola nelle assemblee.
«Noi la crisi non la paghiamo!» diventa così l’espressione di un’intelligenza collettiva che si forma nelle lotte ed esprime il rifiuto a pagare i costi della crisi globale. Significa in primo luogo la richiesta di abrogazione delle leggi 133 e 137, strumenti cardinali di dismissione di scuola ed università.