“Fr***o perso”, “Per questo militanza è parlare dei suoi pruriti sessuali”, “Fatelo tornare giù e vedi come lo pestano, tanto a questi piace pure”. Queste solo alcune delle frasi che un professore dell’Università di Messina ha rivolto su Facebook a Davide Curcuruto, un ragazzo queer bisessuale, di 25, nato e cresciuto nella provincia di Messina, ma che da diversi anni studia e vive nella città di Bologna. Le aggressioni del professore sono arrivate subito dopo che Davide aveva pubblicato sui social una riflessione sul “cat-calling”.
Leggendo le parole che Davide stesso ha rilasciato a diversi giornali che lo hanno intervisato, si comprende perfettamente la consapevolezza che lo ha spinto a denunciare questi crimini di odio e violenza: “Da un mio commento riguardo il cat-calling su un gruppo privato (da cui è stato bannato per sessismo e omofobia), iniziò a commentare miei vecchi post insultando me e i miei amici, dicendo che “gli etero non ci avrebbero dovuto mettere al mondo” e poi, facendo screen dei miei post, pubblicandoli sul suo profilo, incitò i suoi amichetti ad andare sul mio profilo sostanzialmente ad insultarmi, dando il meglio di sé. (…) In quel momento ho pensato: e se lo rifacesse? Se lo rifacesse con uno più piccolo, con meno reti, esattamente come Davide 7 anni fa? Altre vite devastate? Per questo questa volta ho deciso di denunciare, perché oggi sono in una comunità, oggi al mio fianco ci sono Liberazione Queer+ e Arcigay Messina insieme ad altre realtà: non sono solo, mai più”.
Scappato da una città e da un contesto in cui era oggetto di quotidiane discriminazioni, Davide si è trasferito da molti anni a Bologna, studia Sociologia ed è sempre stato molto attivo all’interno del movimento LGBTQ+, che proprio in queste settimane si è mobilitato attorno alla legge Zan, la legge contro i crimini d’odio che, se approvata, farebbe sì che l’omofobia venga equiparata al razzismo e all’odio su base religiosa all’interno del nel codice penale. “Le strade non sono uguali per tutti”, sottolinea Davide. “Io che sono un ragazzo e scelgo di mettere lo smalto, portare i capelli lunghi e indossare capi considerati ‘femminili' non avrò mai la stessa esperienza di una persona etero-cisgender nel compiere un gesto semplicissimo come appunto attraversare la strada. Avrò molte più possibilità di ricevere fischi, osservazioni sul mio aspetto, fino a intimidazioni e insulti". Gli episodi di violenza contro la comunità LGBTQ+ non sono infatti ascrivibili ad un ambito di cattive pratiche o di casi isolati, ma fanno parte e sono espressione di una pervasiva cultura etero-patriarcale in cui siamo immersi. Questa violenza strutturale non si combatte solo con le leggi: "Oggi si parla tanto di ddl Zan, e questo è un bene perché questa legge ci serve per tutelarci in sede giudiziaria, ma non basta".
Abbiamo conosciuto Davide a fondo in questi mesi e, insieme agli altri protagonisti del film, ci ha raccontato la sua storia nel documentario I’m still here (un progetto che vuole restituire la storia dei primi 10 anni di attività dell’associazione PLUS - persone sieropositive LGBT onlus, a 40 anni dalla prima diagnosi di HIV), che ad oggi è in fase di montaggio e che vuole essere anch’esso parte di una rivoluzione culturale attorno alla lotta della comunità LGBTQ+ per la piena autodeterminazione. “Alla comunità in generale: non siate indifferenti. Le parole devastano le esistenze e specie quando hai 16 anni lasciano ferite che non rimarginano. Pensate, siate complici, dimostrate solidarietà”.
Al fianco di Davide, alleatə e complicə!
La Redazione di OpenDDB